Biografia
Miriam Rasà
Nasce a Seregno (MB) il 7 agosto 1968. La sua prima forma di espressione artistica è la parola poetica (determinante è l’incontro con il poeta Francesco Marotta, suo professore di italiano, al terzo anno di scuola superiore).
A 20 anni decide di seguire il suo interesse profondo per il mondo del Colore. Apprende, in una Scuola di Arti e Mestieri, sia la tecnica di pittura su seta sia la “tecnica dell’olio molle” legata alla pittura della ceramica/terzo fuoco. A seguire, sperimenta la manipolazione della creta presso un laboratorio artistico apprendendo la tecnica del bassorilievo.
Conosce anni dopo un’arteterapeuta antroposofica e con lei inizia un percorso personale con il colore affinando, attraverso l’utilizzo prevalente dell’acquerello, su di un piano più sottile, la percezione ed il contatto con la sua Anima. In seguito, inizia a sperimentare, in modo autonomo, la tecnica di pittura ad olio su carta e poi su tela.
Un importante punto di svolta è la partecipazione alla mostra concorso della 7° edizione del Festival del Nuovo Rinascimento “Nel mezzo del Cammin… tra guerra e pace”.
Il viaggio di ascolto e di racconto personale del Colore e delle sue vibrazioni continua!
Testo critico
La narrazione di stati d’animo attraverso l’arte è raffinata poesia, ikebana dei sensi e delle emozioni, linea della vita che scava solchi profondi nell’interiorità.
Miriam Rasà, fautrice di una pittura intinta nell’etere, ne è pienamente consapevole.
Guidata dal raptus artistico, si lascia invadere da nuove contaminazioni di energia sottile, ricevendo illuminazioni sfumate nella dolcezza del colore.
La sua tavolozza ancestrale proietta visioni oniriche e panorami leggendari, non-luoghi provenienti dai meandri del subconscio, fotogrammi che non hanno bisogno di messa a fuoco per imprimersi nell’anima.
Come le Vocali della celebre poesia di Rimbaud, le tinte si rivestono di una particolare pregnanza metafisica per un’associazione di idee primigenie che le portano a coesistere con i cromatismi circostanti.
Circonfusa di un alone di luce, in reminiscenze turneriane di vedute albeggianti e paesaggi sublimi che non dispiacerebbero a un Ruskin, la pittura di Miriam Rasà riesce a ricavarsi una nicchia di tutto rispetto nel panorama contemporaneo. La via indicata concorre sempre a una palingenesi, a un approdo, a una resurrezione.
Attraverso il sussurro della trascendenza, l’artista suggerisce che la meta è dentro di noi e ci invita ad aprirci all’amore che ci abita da sempre, a innalzarci e planare sulle nostre gioie e inquietudini, ad avere nuovi occhi per riscoprire il vero senso della vi(s)ta.
Angela Patrono
Opera rappresentativa
Miriam Rasà
Ponti di Luce
Olio su tela
120 x 60 cm
Intervista
– Decolliamo volando dritti al punto: cos’è l’arte per te e quando è scoccata la scintilla per intraprendere il tuo cammino artistico?
L’Arte per me è “ascolto”, principalmente, e nell’ascolto provare a percepire la sacralità di ogni forma creata, animata e inanimata e, per quanto mi riguarda, provare a tradurla attraverso il colore o la parola poetica.
Non so dire se c’è stata una particolare scintilla che mi ha fatto scegliere di percorrere un cammino artistico. Posso solo dire il momento in cui ho iniziato a tradurre ciò che ascoltavo, ed è stato all’età di 16 anni, quando ho incominciato a scrivere le mie prime composizioni poetiche. In seguito è arrivata la necessità di esprimere l’Ascolto attraverso il colore.
– Se tu potessi andare a cena con un grande artista passato alla storia, chi immagini al tavolo con te? Siamo curiosi, raccontaci! Di cosa parleresti? Che cosa ti piacerebbe chiedergli?
Ogni grande artista ha lasciato al genere umano una eredità straordinaria che ci ha consentito di evolverci come esseri umani/divini, per questo ognuno di loro va onorato. Tuttavia, tra i grandi del passato Caravaggio è il pittore che mi suscita una commozione particolare per come ha saputo raccontare l’Ombra che contiene in sé il germe della Luce, e viceversa.
A Caravaggio non chiederei nulla. Starei semplicemente ad ascoltarlo raccontarsi, anche nelle sue pause di silenzio.
– Fai parte del Nuovo Rinascimento e di un’Associazione come “Verso un Nuovo Rinascimento APS” che ha a cuore la diffusione della Bellezza nella nostra società contemporanea, in tutti i settori. Che ruolo ha per te la Bellezza? Diceva Dostoevskij che la Bellezza salverà il mondo, tu cosa ne pensi?
La bellezza è tale quando, a partire dal pensiero per proseguire con la parola e il gesto, porta in sé armonia, grazia, equilibrio, saggezza, semplicità, autenticità, valori che il Creato ci mostra e ci dona continuamente e che possiamo fare nostri, se lo vogliamo davvero. Basta pensare al benessere che proviamo, alla centratura che avvertiamo in noi quando siamo in presenza della bellezza della Natura, per esempio, o di luoghi artistici, o quando noi stessi diventiamo creatori di bellezza. Contattarla significa entrare in una dimensione Alta, di Purezza e Amore incondizionati.
– A Milano abbiamo aperto il nuovissimo Centro Leonardo da Vinci Art Expo, centro artistico-culturale di via Carlo Torre 24 dedicato alla Genialità; qual è la tua visione della genialità? Ti è mai capitato di pensare od esclamare la frase, rivolta a te stesso o a qualcun altro : “Sei un genio!” Descrivi, se ti ricordi, la situazione.
Il genio, per me, è chi ascolta “oltre” ciò che è visibile ai comuni sensi umani attingendo in territori di puro Spirito a quelle creazioni che porteranno il Bene, a favore dell’evoluzione di tutti i Mondi nell’intera Galassia. Il genio è il traduttore di quel bene.
Mi definisco scherzosamente genio solo nei momenti in cui supero un mio limite creato dalle resistenze o dalle paure.
– Una delle prerogative del nostro appuntamento annuale, il “Festival del Nuovo Rinascimento” è quella di unire mondi in apparenza diversi, come l’Arte e l’Economia, la Cultura classica e quella scientifica: tu, da artista, cosa ne pensi?
La Dimensione del Colore mi insegna che non ci sono divisioni di sorta, anzi che i colori primari mescolati tra loro creano i colori secondari che a loro volta tra loro generano infinite sfumature. Se l’unione tra i vari mondi è guidata da un intento di puro Amore, allora da ciò possono nascere realtà che fanno evolvere gli individui, nella condivisione, nella lealtà, nella giustizia, nel rispetto, nella verità, nella bellezza, nell’aiuto reciproco.
– Atterriamo con gusto: sei a cena e dal tavolo puoi ammirare una serie di opere d’arte accompagnate anche da un perfetto sottofondo musicale: raccontaci il tuo menù ideale, dall’antipasto al dolce, vini inclusi. Orsù siamo in Italia!!
Più che un menù ideale mi piace dire di piatti che amo particolarmente non solo per il loro gusto e profumo ma perché mi riportano a ricordi e atmosfere a me care:
- granita al limone accompagnata dalla brioche con il “tuppo”
- alici marinate, tutta la vita!
- pasta ‘ntaganata, (pasta, preferibilmente corta, che si cuoce in forno, condita con sugo, finocchietti selvatici, pecorino e mollica tostata)
- polpette di melanzane
- baccalà in umido con le patate
Il vino? Basta che sia rosso e genuino
E in ultimo, il “biancomangiare” con una spolverata generosa di cannella.
– Ora che ci salutiamo lascia che il pubblico che ti legge si ricordi di te anche attraverso un tuo pensiero sintetico. La tua frase è:
La Conoscenza del Sé ci risveglia al nostro Essere unico ed irripetibile. Il nostro Essere unico ed irripetibile risvegliato genera la creatività, prerogativa del Divino Tutto. La creatività in comunione con l’Amore genera bellezza e armonia. La bellezza fa l’umano nuovo, capace di essere una sola cosa con il Creatore, e l’umano/divino nuovo diventa creatore di una Terra Nuova fatta di tutte le cose belle e buone da conservare.